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Quando il mare diventa un cimitero

Il mare da sempre ci affascina, con la sua distesa infinita che sembra prolungarsi al di là dell’orizzonte.

L’occhio umano si perde ad ammirare la vastità del mare e quasi ci aiuta a rifuggire dai pensieri che ci affollano la mente.

Da sempre è stato misterioso, le sue onde che si infrangono negli scogli ci infondono serenità. Ma al largo diventa oscuro e profondo. I fondali spesso sono inesplorati. Quando il vento è forte il mare risucchia e uccide. È una tomba insondabile e senza appello. Il mare per molti rappresenta il Viaggio, il viaggio verso la speranza, il viaggio per poter cambiare, il Viaggio verso paesi pacifici. Verso la democrazia.

Il Mar Mediterraneo da sempre caratterizzato da rotte e da spostamenti attualmente è il cimitero di tanti migranti che cercavano di scappare da condizioni di vita precarie. Rappresenta per molti la speranza di un futuro migliore. A questo riguardo mi ha colpita tantissimo l’articolo di Tahar Ben Jelloun comparso su la Repubblica in seguito alla strage degli immigrati morti in mare al largo di Lampedusa il 3 Ottobre 2013. Ne trascrivo un pezzo perché a me ha fatto emozionare e rabbrividire.

 

Nel 1920 Paul Valéry scrisse un lungo poema metafisico sul tempo e la morte. Lo intitolò Cimitero marino, perché era ossessionato dal mistero del mare, dal fascino dei suoi segreti e dalla ricerca dell’immortalità. Da allora, ogni volta che dei marinai non tornano più, si parla del mare come tomba insondabile e senza appello.

Guardando le foto di quei corpi di immigrati che hanno trovato “asilo” nei fondali marini al largo di Lampedusa, viene in mente quella poesia, prima di immaginare come e perché quelle persone abbiano avuto una fine tanto tragica. Uomini e donne che sono precipitati in una spessa assenza, in una profonda solitudine.

Il mare è diventato la loro ultima dimora, il cimitero di tutto quello che hanno sognato, la tomba di tutte le loro speranze.

I loro occhi si sono perduti nei flutti, i loro corpi si sono dissolti nelle alghe e nel silenzio, la loro memoria si è svuotata dei ricordi. Che cosa dire? Che cosa scrivere? Gli dei sono rimasti calmi. Gli uomini sono indaffarati. Il cielo è indifferente.”

 

Ciò che sconvolge è che noi leghiamo al mare la parola vacanze. Ma per coloro che l’hanno attraversato rischiando la vita il mare è la tomba dei loro amici che non ce l’hanno fatta.

La frase che più mi colpisce è:

Gli dei sono rimasti calmi.

Gli uomini sono indaffarati.

Il cielo è indifferente.

 

Di fronte a questi morti il cielo rimane indifferente, il Dio che quelle persone veneravano non parla. Ma soprattutto ciò che preoccupa è il fatto che l’Europa, Paese civile per eccellenza, rimane inerte.

Rimangono i morti sul fondo del mare con disseppellite tutte le loro speranze e i loro colori.

Come ne Il cimitero marino di Valery le anime degli immigrati si sono fusi nel Tutto-Nulla che rappresenta il mare.

Il Tutto perché racchiude la vita il Nulla perché è talmente vasto e profondo da superare il reale apparendo all’uomo come Non-Essere.

La superficie del mare quando è calmo rappresenta al poeta il silenzio dell’anima. Ma se si va in profondità il silenzio nasconde i tesori delle sue sonnolente profondità. Il mare è visto dal poeta anche come Vita infatti il continuo sciabordio delle onde è come il respiro del mare che prima e calmo e poi diventa irrequieto quasi all’improvviso. Tutte quelle vite sepolte e zittite dalle loro speranze ci richiamano a riflettere. Tahar Ben Jelloun scrive a proposito: “L’odio e la paura si alleano contro i nuovi “dannati della terra”. L’Europa che ha ancora bisogno di manodopera straniera non ha battuto ciglio di fronte a quella tragedia, che è stata seguita da altri morti, altri drammi. Ha la memoria corta o pigra, egoista e cinica. È così. I Paesi del Sud, alcuni dei quali mal governati, accetterebbero volentieri investitori che dessero lavoro a quegli uomini che emigrano perché si vergognano di non essere in grado di garantire una vita decorosa ai loro figli.

Delle soluzioni ci sarebbero, ma per arrivarci servirebbe che l’Europa prendesse coscienza del problema e lo affrontasse in modo serio.”

 

Questo articolo è stato scritto ben due anni fa! Ma le cose sono cambiate?

 

“Nel gennaio 2015 sono stati soccorsi o sono sbarcati sulle nostre coste più di 3.500 profughi e migranti, 1.300 in più rispetto al gennaio 2014. Poi, in questi giorni, sono arrivate le notizie su quelli che (forse) sono i primi disastri in mare dell’anno. Sono cifre che non appartengono più ad eccezionali traversate invernali. Ma denunciano anche la disfatta del sistema europeo di gestione delle frontiere.”

Così scrive un giornalista dell’osservatorio dei rifugiati Vie di Fuga. I 29 migranti morti assiderati al largo delle coste della Libia ci fa riflettere sull’insufficienza della missione europea Triton coordinata da Frontex. Missione che, come ha ricordato l’Unhcr(Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati), “non ha come obiettivo la ricerca ed il soccorso in mare e non offre gli strumenti necessari per affrontare adeguatamente la crescente portata dell’emergenza”, quando invece “salvare vite umane deve essere una priorità per l’Unione Europea”.

 

A proposito Natasha Bertaud (portavoce dell’UE) ha affermato: “Se vogliamo parlare in maniera costruttiva di questo tema dobbiamo parlare anche dei finanziamenti necessari. Solo 90 milioni di euro all’anno, che è il budget di Frontex, non possono assolvere al compito di salvaguardare le frontiere comuni dell’Unione europea”.

Per questo la Commissione europea vuole che siano investite più risorse tra gli Stati Membri.

Bertaud ha confermato l’idea di intensificare i rapporti tra l’Ue, gli Stati Membri e i Paesi dai quali i migranti intraprendono viaggi in condizioni estreme.

“Per rinforzare il lavoro di Frontex dobbiamo lavorare con gli Stati membri e i Paesi di origine e di transito dei migranti, per istituire canali legali e far sì che non si trovino in barche che affondano in mare aperto. Abbiamo già accordi con Paesi in Africa e del Mediterraneo e dobbiamo intensificare questi rapporti”.

 

Come evitare al più presto il ripetersi di queste tragedie?

 

“Questa sfida comune può essere affrontata solo con uno sforzo comune della Commissione europea e degli Stati Membri lavorando insieme“.

 

Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in menoMadre Teresa di Calcutta

 

 

Fonti:

-“Tragedia del mare, l’Europa scarica Triton. E bussa alle casse degli stati” www.redattoresociale.it,

-“Disastri in mare, Disastri di un sistema”- www.viedifuga.it

http://minoristranierinonaccompagnati.blogspot.it/

Quel cimitero blu ignorato da tutti
Il mare è diventato l’ultima dimora di tanti migranti, il cimitero di tutto quello che hanno sognato, la tomba di tutte le loro speranze.
La Repubblica TAHAR BEN JELLOUN

 

– http://www.compagnosegreto.it/NUMERO10/matta2.htm

Salomé

About Salomé

Ciao mi chiamo Maria Antonietta Patti, ho 20 anni e provengo dalla Sardegna. Nelle mie vene scorre sangue siciliano e sardo. Sono una ragazza sensibile, spesso il mio animo è teso alla malinconia e alla riflessione ma a tratti vedo il Sole di fronte a me e sprizzo di energia ed entusiasmo. Mi piace mettermi in gioco e spesso mi butto in varie attività. Sto studiando Formazione Primaria per poi diventare futura maestra della scuola dell'infanzia o primaria. Penso che sia l'unico modo per partire alla base della società e dare un contributo sostanziale per il miglioramento delle nuove generazioni. Parallelamente sto studiando musica: il bel canto. Le mie passioni sono soprattutto:la musica classica, il cinema "particolare" e di nicchia, il teatro delle ombre, la letteratura *-* (soprattutto romanzi). Mi sono iscritta a questo blog perché da sempre sono stata interessata alla cultura islamica e perché voglio dare un contributo con ció che so e amo. Mi occuperó di cinema con tema interculturale e di immigrazione (temi a me cari). Vi ringrazio per l'ascolto. Ciao