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Il Risveglio. Racconto

Schiudo le palpebre.
Spengo la sveglia.
Sento le narici umide, così come le labbra; porto le mani al viso, tasto il mio volto, strappandomi al mondo onirico, vago, sereno, indefinito. Scruto le mie dita: passano alcuni secondi prima che riesca a focalizzare ciò che vedo. Un fluido azzurrognolo, metallico, digitale, lucente, s’insidia, maligno, tra i miei polpastrelli. Con forza si fa strada attraverso me, pervade il setto nasale, la gola, cosparge le mie membra. Non riesco a respirare.
Soffoco! Soffoco!
Mi alzo. Un altro giorno in cui sopravvivere.
Un rumore. “Qualcosa” s’infrange, impavida e rovinosa, sulla porta della mia stanza. Bussa insistentemente, turba il mio animo.
Toc toc
Di nuovo quel fluido, trasuda dal legno, minaccioso.
Sbam!
La porta si apre, esanime, arresa, vinta. Un’onda invade, funesta e rapida, ogni cosa. Mi travolge, furiosa; perdo l’equilibrio, crollo, mi trascina, annaspo, riesco a mettermi in ginocchio e, lottando con la forza della corrente, a rialzarmi lentamente.
“Nella modernità liquida il tempo non è né ciclico né lineare, come normalmente era nelle altre società della storia moderna e premoderna, ma invece puntillistico, ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate, ciascuna ridotta a un punto.” 1
Sagome sinistre emergono, plastiche, dalla massa corposa, d’acqua; un uomo anziano, il muso smunto, pallido, infossato, lo sguardo abissale, i capelli lunghi, bianchi, che fluttuano, librandosi nel caos. È mostruoso; enorme presenza cupa che si protende verso di me. Sgranocchia qualcosa, chiassosamente, le labbra imbevute di sangue. Sangue acquoso. È Kronos, il dio del tempo, divora i suoi figli, impietoso. Quale terribile visione!
Centinaia di minuscoli folletti acquosi affiorano freneticamente dall’acqua; mi parlano, affannosamente, muovendo le braccia, gesticolando con le mani, storcendo il naso, aggrottando la fronte, gli occhi malefici fissi su di me. Cosa dicono? Non so, non capisco, parlano troppo velocemente, hanno fretta, fretta, troppa fretta!
“Corri! Sbrigati! Hai tanti impegni! Tante cose da fare! Corri! Più veloce! Concretizza! Acchiappa, mordi, afferra! Prendi ciò che desideri! Tutto! Tutto e subito! Vinci! Il tempo scorre e non ti aspetta! Vuoi rimanere indietro?”
Una strada acquosa si spiana improvvisamente sotto i miei piedi. Scorre fluida, solenne, ampia, elegante; performante prodotto della tecnologia, gioiello di una modernità elettrizzante, simbolo di una società che non si ferma, di una civiltà protesa verso il futuro, verso l’infinito! Chissà quanti impegni ci saranno laggiù, alla fine della strada! Quante cose da comprare, quante da realizzare! Quante aspettative altrui da soddisfare o…deludere miseramente.
“Corri!”
Devo correre, non ho scelta! Quell’onda mi sommergerà, vivrò ai margini del sistema, sarò additata come una fallita! Annegherò! Oh no! Non voglio fallire! So essere prestante, lo so, posso farcela! Non vi deluderò, no!
Corro, veloce, più veloce, sempre più veloce! Il sangue innerva il mio fragile corpo, le vene pulsano ritmicamente, l’affanno lacera il petto, costringo le mie forze vitali a collaborare e a trascinarmi fino alla meta.
Lo voglio davvero? Non so. Credo in quello che sto facendo? Non so. A volte penso che vorrei avere meno cose da fare. Più tempo per pensare. Per scegliere. Scegliere ciò che mi piace. Ciò che mi piace fare. Ciò che voglio fare. Rallento.
In questi frantumi di attimi che sono le mie giornate, in questa frenesia che percuote gli esseri e le loro azioni, in questa città che mai si ferma e si spegne, in questo sistema che non arresta neanche per un momento il flusso frenetico del suo agire, in questo continuo ricercare di arricchirsi di cose ed esperienze di cui non si conosce più il valore, nell’ossessivo e meticoloso computare degli anni, Tu, sciolto da ogni riferimento temporale, estraneo alla dolorosa finitudine del mondo creato, Tu, Libero, Tu sei Il Tempo, e racchiudi in Te Stesso il senso della Storia che scorre.
Qual è, Signore, il valore del tempo che fugge?
Smetto di correre. Mi siedo. Non ho più paura di scomparire. Voglio meditare. Voglio ricordare. Voglio scegliere.

 

1 Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo polacco.

Fatima Ismaeil

About Fatima Ismaeil

Italo-egiziana, laureanda presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Alma Mater Studiorum di Bologna, mi interesso di tutto ciò che concerne Islam, Mondo Arabo, Filosofia, nonchè Arte e Letteratura. Coltivo una profonda passione per la scrittura e la poesia.